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<<Soppressione del requisito del voto minimo di laurea per la partecipazione ai concorsi per l’accesso agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni.>>
 
Questo è quanto è enunciato dall’art.17, lettera d, della Legge 7 Agosto 2015, n.124 (“Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche”), detta anche “ Legge Madia”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.187 del 13 Agosto 2015 ed in vigore dal 28 Agosto 2015.
 
E’ risaputo che per accedere ai concorsi pubblici è necessario essere laureati con un voto minimo,ma oggi non è più cosi, lo sapevate? In realtà, tale riforma, come detto poc’anzi risale al 2015, ma ben pochi ne sono a conoscenza. Tuttavia, vi è un’eccezione, infatti, per l’accesso ai concorsi pubblici, è legittimo richiedere un requisito di voto minimo di laurea per la Banca d’Italia. Ciò si traduce in una sorta di deroga alla Legge 124/2015, che trae origine da un ricorso, il quale contestava dinnanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Tar Lazio) , il Bando di concorso per la Banca d’Italia, che richiedeva, a pena di esclusione, il punteggio di almeno 105/110. Tale Bando di concorso, risultava per i ricorrenti, illegittimo poiché :
 
· “ in violazione dell’art. 17, lettera d, della Legge 124/2015, il quale, come detto precedentemente, elimina il voto minimo di laurea tra i requisiti per l’accesso al pubblico impiego;
 
· in violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione sotto il profilo della disparità di trattamento e del difetto di ragionevolezza;
 
· in violazione e falsa applicazione dell’art.2, comma 6, del D.P.R. n.487 del 1994 nonché del D.Lgs. n.165 del 2001, secondo il quale per l’accesso a profili professionali di ottava qualifica funzionale è richiesto il solo diploma di laurea;
 
· in violazione e falsa applicazione dell’art.9, comma 2, del Regolamento del Personale adottato dalla Banca d’Italia, il quale dispone che sono ammessi ai concorsi i soggetti in possesso di laurea magistrale, o equivalente, e di eventuali ulteriori titoli e/o requisiti professionali, di ricerca o di studio di volta in volta previsti nel bando di concorso”
 
Dato atto dell’oggetto del giudizio, il Collegio ha ritenuto che tale azione impugnatoria sia infondata, in quanto ai sensi dell’art.2, comma 6, del D.P.R. n.487 del 1994 e dell’art.9,comma 2, del Regolamento del Personale adottato dalla Banca d’Italia, “le amministrazioni possono introdurre ulteriori requisiti per l’ammissione a particolari profili professionali – viene quindi espressamente prevista la possibilità, per la Banca d’Italia, di introdurre, nelle procedure concorsuali, requisiti ulteriori rispetto al possesso del diploma di laurea – individuato quale requisito generale – per determinate categorie di personale. Tra tali requisiti ulteriori e diversi – rispetto al diploma di laurea – può farsi rientrare anche la previsione di un voto minimo di laurea, che costituisce un idoneo indice selettivo attestante un determinato livello di preparazione dei candidati, la ragionevolezza della cui previsione va rinvenuta nella qualifica cui si riferisce la selezione ”.
Per tale motivazione, nel discusso bando, trattandosi di reclutamento di “esperti” a cui verranno, dunque, commissionate importanti funzioni e specifiche responsabilità, trova piena legittimazione la previsione di un requisito aggiuntivo rispetto al possesso del diploma di laurea, costituito da una votazione minima di laurea.
Tale requisito ulteriore, risulta in linea con“lo scopo di individuare in via preventiva soggetti che assicurino un determinato grado di preparazione, come attestato dal voto di laurea, il quale, seppur nella variabilità dei relativi corsi e del diverso livello delle università, costituisce idoneo indice selettivo; tenuto conto che, essendo unica sul territorio nazionale l’articolazione dei voti di laurea, le votazioni devono ritenersi tra loro comparabili fintanto che non giungano interventi normativi che dispongano diversamente, quanto a valenza dei voti rispetto alle singole realtà universitarie”.
Altresì, il Tar a sostegno di quanto sopra detto prosegue facendo riferimento alla definizione inserita nell’art.1, comma 2, del D.Lgs. n.165 per cui “per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”, con esclusione, dalla categoria definitoria di pubblica amministrazione, della Banca d’Italia. Quest’ultima, è un’autorità indipendente che a sua volta si differenzia da ogni altra autorità amministrativa indipendente , in quanto costituisce un organo del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) previsto dagli artt.127 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, e a cui è conferita autonomia funzionale e organizzativa, che si concretizza nel potere di regolamentare da se la propria organizzazione e il proprio funzionamento.
 
In conclusione, ad oggi può ritenersi illegittima la previsione di un voto minimo di laurea per partecipare ai concorsi pubblici. Ciò, però non vale per la Banca d’Italia, la quale in forza del suo essere un’autorità amministrativa indipendente, è legittimata a richiedere dei requisiti ulteriori e diversi, quali anche la previsione di un voto minimo di laurea. Tuttavia, l’inserimento di tale requisito non sembrerebbe rappresentare un indice affidabile della preparazione del candidato, a causa della non omogeneità di valutazioni sul territorio italiano e dell’eterogeneità delle istituzioni universitarie, infatti, non sempre l’impegno e la formazione del candidato sono direttamente proporzionali ai voti e ai meriti ricevuti.
 
E voi come la pensate? E’ equo che venga soppresso il voto minimo di laurea dai concorsi pubblici, in modo tale che tutti possano partire ex novo, oppure ritenete che così si finisca per sminuire l’impegno pregresso del candidato? E’ equo che la Banca d’Italia possa decidere da sé quali requisiti debba possedere il candidato, tra i quali il voto minimo di laurea? Scriveteci la vostra opinione!
 
Bibliografia:
https://www.giurdanella.it/wp-content/uploads/2018/07/Tar-Lazio-2-maggio-2018-n.-4782.pdf
http://www.fisacbancaditalia.it/partesito/wp-content/uploads/2017/10/Direttivi-Inquadramenti.pdf
https://www.cliclavoro.gov.it/Normative/D.P.R_9_maggio_1994_n.487.pdf

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