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Il Manager è letteralmente “colui che gestisce”, dall’inglese to manage, gestire, quindi colui che organizza, pianifica, amministra e controlla pur non essendo generalmente il proprietario dell’azienda o di un ente, pubblico o privato che sia. Essere manager, dunque, comporta delle responsabilità come il conseguimento degli obiettivi e il controllo delle azioni idonee a realizzarli, creare soluzioni di miglioramento, eseguire le politiche aziendali.
Le aziende, dal manager di oggi, si aspettano molto di più che la sola esecuzione dei compiti, infatti, essere manager oggi vuol dire personificare gli obiettivi dell’azienda, farli propri e trovare le soluzioni per raggiungerli. Nell’epoca attuale le competenze tecniche sono si importanti, ma non determinanti per un Top Manager, lo sono, invece, le competenze soft (organizzative, relazionali, cognitive).
Secondo una ricerca di EXS, la società di Executive Search di Gi Group (la prima multinazionale italiana del lavoro, nonché una delle principali realtà a livello mondiale nei servizi dedicati allo sviluppo del mercato del lavoro), sono 7 i tratti distintivi essenziali per individuare chi possiede le potenzialità per rivestire il ruolo di guida e dunque di leader, verso il cambiamento e l’innovazione dell’azienda:
 
1. Consapevolezza del contesto, intesa come comprensione dei fattori di riferimento del proprio contesto e delle relazioni che concorrono a determinare opportunità e minacce. Non sempre l’innovazione nasce, infatti, all’interno dell’organizzazione; un buon top manager deve possedere una grande capacità di osservazione dell’esterno e del mercato, nonché l’intuizione di capire se da altri mondi emergono opportunità e possibili convergenze da adattare alla propria realtà. Costruisce, pertanto, un’ampia rete di fonti di informazione all’interno e all’esterno dell’organizzazione funzionale sia per intercettare l’emergere di nuovi trend e segmenti di mercato sia per percepire i fabbisogni emergenti dei clienti nel breve e nel medio termine, sapendone valutare e identificare gli impatti sul proprio ambito di competenza.
 
2. Costruire una visione, questa capacità deve essere intesa come un mix equilibrato e strutturato di concettualizzazione – prospettiva – change; partendo da questo ultimo punto corrisponde alla capacità di vedere e definire obiettivi di cambiamento (sia incrementali che radicali) per generare nuovo valore (ovvero saper definire con chiarezza il “cosa” diventare), inquadrando questo cambiamento secondo prospettive diverse sia in termini di scenari sia dal punto di vista temporale. Dopo avere definito con maggiore precisione il posizionamento su questi assi, il leader deve “concettualizzare”, ovvero costruire con il supporto del suo team (con loro definisce il “come”) un percorso chiaro per realizzare l’obiettivo definito, identificando tutte le risorse necessarie per percorrerlo.
 
3. Essere ambasciatore dell’innovazione, nel senso che il leader deve “agire” l’innovazione ed esserne il primo testimonial all’interno della propria impresa per poterla comunicare e favorirne l’adozione da parte della propria organizzazione prima che dal mercato stesso. Deve saper dominare la contrapposizione tra Explore e Execute in un’alternanza che non crei difficoltà all’organizzazione e ai clienti, ma che sfrutti la creatività interna, la voglia di lasciare un segno tangibile in un processo a ciclo continuo di produzione-test-feedback-produzione. In questa veste deve essere anche un “facilitatore generazionale”, ovvero fare da ponte tra la creatività dei millennials e la competenza dei senior in azienda affinché il meglio di questa integrazione si traduca in vera innovazione.
 
4. Imparare dagli errori, intesa come disponibilità ad accettare l’errore nello sperimentare strade nuove e ad imparare da esso. E’ una delle sfide più impegnative in termini di self learning, ma più promettenti di risultati futuri per un executive. Deve avere una ferrea determinazione e orientamento al risultato e per questo saper affrontare immediatamente la realtà dei risultati (non deve procrastinare) e, se non positivi, non arroccarsi in posizioni di difesa ad oltranza della propria posizione e decisione, riconoscendo, anzi, il fallimento e avendo il coraggio di comunicarlo e condividerlo per andare alla radice del problema. Interviene subito, quindi, per correggere e imparare senza attendere che la situazione si autosistemi o intervengano altri dopo di lui. Il leader deve, infine, aumentare e modificare il livello di “supporto” agli altri, ovvero deve essere più predisposto all’ascolto e non più come in passato provvedere a dare la giusta risposta, ma focalizzarsi semmai nel “fare la giusta domanda”.
 
5. Ridurre la complessità, intesa come la capacità di rendere i processi interni più facilmente leggibili per l’organizzazione e riuscire a far percepire l’innovazione, qualunque essa sia, “enjoyable” per il cliente interno, rendendo più motivante il lavoro per tutti i collaboratori e più facile il cambiamento organizzativo, comportando un riverbero positivo anche verso l’esterno. Si tratta, in pratica, di trovare la strada della semplicità anche nell’ambito della digitalizzazione, dopo aver compreso appieno l’essenza delle cose e del business. Il confronto che ha evidenziato l’Istituto Italiano di Tecnologia tra le prestazioni di un bambino di 10 anni e il miglior robot umanoide costruito fino ad oggi aiuta a comprendere questo aspetto: il cervello del robot è fatto di silicone e quello del bambino dal 75% di acqua, il primo è composto da circa 60 elementi diversi, il secondo da 6, il robot riesce a compiere 10^8 operazioni al secondo, il bambino 10^16 (ossia 100 milioni di volte quello del robot), il robot con 1300w lavora 2 ore, il bambino con 1500 Kcal praticamente non si ferma mai. Allo stesso modo se il leader non arriva a comprendere la vera essenza del suo business e della sua azienda troverà soluzioni che richiedono più risorse di quelle necessarie, raggiungendo un risultato nettamente inferiore all’ottimale.
 
6. Esercitare self awareness & development, nel senso che il leader prima di chiedere all’azienda umiltà e fiducia deve esserlo con se stesso guardandosi allo specchio con occhi neutri, ricercando attivamente opportunità di confronto con modelli di pensiero diversi, chiedendo e raccogliendo feedback per comprendere che tipo di impatto ha sugli altri e sulle situazioni. In questo senso al tempo stesso il leader attribuisce i fallimenti completamente a se, mentre riconosce la gran parte dei successi al suo team e alla fortuna; è consapevole della soglia di stress che è in grado di gestire evitando l’overload e definendo con chiarezza le priorità aziendali e quelle proprie.
 
7. Accrescere la consapevolezza dell’organizzazione, nel senso che partendo dal fatto che un leader dovrebbe essere valutato per le azioni che mette in campo e che è in grado di analizzare e decodificare in termini di valori, che agisce con il suo essere leader e trasmette nell’organizzazione, sarà poi confrontato con i valori dichiarati e la media di quelli espressi dal resto dell’organizzazione. Come conferma anche McKinsey se non c’è allineamento di almeno il 50% dei valori tra Leader e azienda, la performance si attesterà su un livello di circa il 30% del suo potenziale. Inoltre, senza questa consapevolezza sarebbe impossibile effettuare progetti di change management o sapere che tipo di top manager scegliere dall’esterno per rafforzare il sistema nel suo complesso. L’altro elemento fondamentale è connettere il futuro con il presente traducendo l’obiettivo organizzativo in target semplici e graduali a cui possono tendere le persone ingaggiandole spiegando loro come il lavoro di ciascuno contribuisca alle ambizioni dell’azienda (definire il “perché”). ”
 
 
EXS, altresì, ha progettato con SDA Bocconi un metodo, chiamato “EXS Leadership DNA”, per valutare le competenze di leadership e di prevedere il potenziale delle performance di management in ruoli direzionali. Con tale metodo EXS misura, in particolare, i 4 fattori della agility di un manager:
 
· Mental agility
 
· People agility
 
· Results agility
 
· Change ability
 
Inoltre, al fine di sviluppare nuovi supporti tecnologici utili per i processi di selezione sempre più oggettivi, EXS ha messo a punto con il Dipartimento di Psicologia delle Organizzazioni dell’Università La Sapienza di Roma, un modello chiamato “EXS Personal DNA”, che consente di valutare le caratteristiche personali, i valori e i tratti di personalità del candidato.
In conclusione, essere manager oggi, significa possedere senso pratico e ampie capacità decisionali, relazionali e di leadership, le quali si possono avere per propensione personale o acquisire e perfezionare al fine di diventare un manager migliore.

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